Scheda Artistica
L'estranea di casa
con Raffaella Giancipoli
video animazioni Beatrice Mazzone
spazio scenico Bruno Soriato
disegno luci Tea Primiterra
assistente alla regia Annabella Tedone
consulenza linguistica Nina Balan
regia e drammaturgia Raffaella Giancipoli
un progetto di Kuziba produzione Compagnia Bottega degli Apocrifi
con il sostegno di SIAE Sillumina - Copia privata per i giovani, per la cultura
si ringrazia Sistema Garibaldi, ResExtensa, Teatrermitage, Spazio PolArtis
Una partenza notturna, un pulmino carico di donne. Lasciarsi alle spalle la propria terra per assicurare un futuro ai figli. Una donna, due vite: da un lato la Romania, dove qualcun altro si occupa dei suoi figli; dall'altra l'Italia, dove lei si prende cura degli anziani.
Questa è la storia di Luminiţia, un'insegnante rumena che suo malgrado diventa badante. Ma è anche la storia di Chella, un'anziana signora restia ad accettare un'estranea in casa sua. Ed è la storia di Alexi, il marito rimasto in Romania, capo di famiglia 'perdente', e di Mariangela, figlia dell'anziana donna che per la sua realizzazione fuori dall'ambito familiare paga un prezzo troppo alto fatto di rimorsi e sensi di colpa. Un coro di voci che prende corpo nel buio delle notti, prima quelle rumene passate nel dubbio della partenza, poi quelle del lungo viaggio attraverso la paura alle frontiere e poi le notti italiane, notti senza fine in cui Luminiţia fa sempre lo stesso sogno: va all'aeroporto a prendere i suoi figli che finalmente la raggiungono in Italia e questi non la riconoscono, la cacciano, cercano la madre. Ma l'Estranea di casa è soprattutto la storia di Culin, un bambino cresciuto al telefono tra storie della buonanotte e promesse di ritorno; un orfano di madre viva, disposto a tutto pur di riportare a casa la mamma, finalmente.
Scheda Tecnica
Scheda Didattica
SCHEDA DIDATTICA (per matinée con scuole superiori)
Trama
"L'estranea di casa" è la storia di una partenza notturna, di un pulmino carico di donne e tra queste Luminiţia che decide di partire per assicurare un futuro ai suoi figli. E' la storia di un'insegnante rumena che suo malgrado diventa badante. Una donna, due vite: da un lato la Romania, dove suo marito si occupa dei loro figli; dall'altra l'Italia, dove lei si prende cura dei nostri anziani. Ma è anche la storia di Chella, un'anziana signora restia ad accettare un'estranea in casa sua. Ed è la storia di Alexi, il marito rimasto in Romania, capo di famiglia 'perdente' e di Mariangela, figlia dell'anziana donna che per la sua realizzazione fuori dall'ambito familiare paga un prezzo troppo alto fatto di rimorsi e sensi di colpa. Un coro di voci che prende corpo nel buio delle notti, prima quelle rumene passate nel dubbio della partenza, poi quelle del viaggio, del lungo viaggio attraverso la paura alle frontiere e poi le notti italiane, notti senza fine in cui Luminiţia fa sempre lo stesso sogno: va all'aeroporto a prendere i suoi figli che finalmente la raggiungono in Italia e loro non la riconoscono, cercano la madre, la cacciano. Ma "L'estranea di casa" è soprattutto la storia di Culin, un bambino cresciuto al telefono tra storie della buonanotte e promesse di ritorno; un orfano di madre viva, disposto a tutto pur di riportare a casa la mamma, finalmente.
Fare la badante non è solo un lavoro, ma una condizione dell'intimità caratterizzata da una strutturale sospensione; una modalità dell'esistenza che porta a vivere una doppia vita: da un alto la vita nel proprio paese, una vita in attesa di essere vissuta di nuovo, nella quale le donne migranti sono presenti attraverso regali, soldi, telefonate e pensieri; dall'altro lato la vita in Italia, una vita temporanea sì ma vissuta in carne e ossa, ventiquattr'ore su ventiquattro. Ciò che più colpisce ascoltando le loro storie, guardando i documentari che le riguardano, leggendo libri che parlano di e con loro, è il grande paradosso della loro condizione: hanno dovuto abbandonare figli, mariti , fratelli e genitori, sradicarsi volontariamente dai propri affetti e dalle proprie relazioni per trasferirsi in Italia dove, il lavoro che le aspetta, le chiama a dare affetto, a 'tenere insieme' le nostre famiglie occupandosi dei membri più deboli, gli anziani. Abbandonano la propria famiglia per occuparsi della famiglia di qualcun altro.
Lo spettacolo si nutre proprio di questo paradosso, di questa doppia vita sospesa in entrambe le direzioni; ed è al contempo un invito alla riflessione sulla vita intima delle badanti, liberate dal loro ruolo, che sulla nostra società perché come spesso accade, il confronto con l'altro ci parla di noi, svela i nostri cambiamenti, ci mostra l'immagine di cosa stiamo diventando come individui e come comunità.
Temi prevalenti
La scelta come esperienza al contempo di perdita e di crescita individuale.
La difficile condivisione di un trauma subito: la vergogna, la rabbia, il dolore. La solitudine.
L'abbandono.
L'incomunicabilità nei rapporti familiari. In particolare, il rapporto con la madre.
La condizione di straniero.
Rapporto complesso con i genitori: difficoltà a comunicare il proprio vissuto, sensazione di non essere ascoltati e compresi dagli adulti.
Esperienze di scelte fatte dai propri genitori e vissute come atti subìti.
Esperienze di conoscenza e convivenza con ragazzi di altre nazionalità.
Esperienze di convivenza o vicinanza con gli anziani della famiglia.
Metodologia di lavoro
La prima fase di creazione è corrisposta allo studio sul tema delle badanti e degli orfani bianchi attraverso letture di romanzi, saggi, articoli di giornale, studi sociologici sul tema, visione di documentari e indagine sul campo, ovvero incontri e interviste con alcune badanti del territorio in cui viviamo. La seconda fase di creazione è coincisa con la scrittura del testo a partire dalle informazioni raccolte e dalle esperienze vissute a contatto con le badanti sino a quel momento. La terza fase è stata quella del lavoro in scena. Questo lavoro prevede la creazione di immagini e metafore a partire da un brain storming sui temi principali: la partenza, l'abbandono, l'essere stranieri, la lingua, la lontananza dalla propria casa, la difficoltà di integrarsi in un nuovo paese.
La parola scritta e quella improvvisata si sono nutrite e modificate a vicenda e completandosi con il lavoro sulle azioni sceniche e sul linguaggio metaforico del corpo. La lingua utilizzata è frutto di una ricerca sull'integrazione tra italiano e il rumeno, alla ricerca di una lingua altra, la lingua di chi non è ancora italiano ma non è più soltanto rumeno.
Tecniche e linguaggi utilizzati
Teatro d’attore, drammaturgia originale
Fascia d'età
Alunni delle Scuole Secondarie di Secondo Grado
Durata dello spettacolo
55’